CESPOC
Centro Studi sulla Popular Culture

Con il contributo dell'Assessorato dei Beni
Culturali ed Ambientali e della Pubblica
Istruzione della Regione Siciliana

Dai Beati Paoli al Codice da Vinci: il mito del complotto nel feuilleton

Il mito del grande complotto

copertinaIl fascino e la drammaticità della storia trovano ampio fondamento nella sua imprevedibilità. Progetti preparati per anni possono fallire per il gioco di circostanze impreviste. Incidenti apparentemente insignificanti possono cambiare il corso delle vicende storiche. Alcuni, sconcertati dalla imprevedibilità della storia, pensano che le cose stiano diversamente e che le carte del gioco storico siano truccate. Vi sarebbero pochi avvenimenti imprevisti, nel senso che molti sembrano imprevisti ai più, ma sono stati attentamente programmati da personaggi che si nascondono dietro le quinte. Proprio perché nascosti, costoro conoscono in anticipo avvenimenti che gli altri non sono in grado di prevedere, quindi riducono al minimo la possibilità di incidenti e imprevisti. In altre parole: organizzano la storia come un complotto. Ogni volta che le vicende storiche si fanno particolarmente complesse e drammatiche - così, ma è soltanto l'ultimo esempio, dopo l'11 settembre 2001 -, cresce la popolarità di teorie ispirate alla "retorica del complotto" (Ciuffoletti 1993) che ne riducono la complessità a pochi elementi nascosti e fondamentalmente semplici. Tuttavia, non esiste un unico tipo di teoria del complotto. Occorre almeno distinguere fra microcomplotti, complotti metafisici e macrocomplotti.

Pochi storici ormai negherebbero che nella storia vi siano microcomplotti, che - cioè - avvenimenti, i quali fanno irruzione sulla scena della storia con i caratteri del sorprendente o dell'imprevisto, siano in realtà programmati da gruppi i cui progetti restano sconosciuti alla maggioranza dei contemporanei. Pochi, per esempio, potrebbero sostenere seriamente che la Rivoluzione francese sia davvero esplosa all'improvviso per cause imprevedibili e imponderabili. Storici di scuole e simpatie diverse ammettono che la Rivoluzione francese sia stata, in qualche modo e in parte, preparata da "società di pensiero" e altri gruppi di pressione, i cui progetti e le cui attività non erano noti ai contemporanei né prima né durante la Rivoluzione, anche se sono stati parzialmente identificati dopo. Lo stesso si può dire per la Rivoluzione bolscevica, nella cui preparazione è ormai ben nota, per esempio, l'influenza dei servizi segreti tedeschi. I complotti, dunque, esistono, anche se - per ragioni che sarebbe interessante studiare, e che qualcuno potrebbe forse ricollegare a ulteriori piccoli complotti - i libri scolastici di storia di solito li ignorano del tutto.

Se i microcomplotti - diretti a un fine specifico, talora di grandissima rilevanza, ma comunque limitato nello spazio e nel tempo e privo del carattere dell'universalità - rientrano nell'ambito degli studi degli storici di professione, e possono essere dimostrati tramite prove empiriche, i complotti metafisici sfuggono invece al lavoro empirico dello storico. Vi è chi - per esempio la fondatrice della Società Teosofica, Madame Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891) - sostiene che una Grande Loggia Bianca, composta da "maestri ascesi", guidi in modo occulto le vicende dell'umanità; e che, per diametrum, una non meno misteriosa Loggia dei Fratelli Neri coordini le attività di quanti si oppongono al bene degli uomini. Qualunque cosa si pensi della Grande Loggia Bianca e di quella dei Fratelli Neri, è evidente che le loro presunte attività si svolgono su un piano che non è quello dei fatti suscettibili di verifica empirica, e sfuggono quindi totalmente al lavoro degli storici. Con la Blavatsky il complottismo entra di diritto nel neo-gnosticismo, sia perché chi conosce il complotto detiene una gnosi sia perché il quadro di riferimento che lo spiega è (neo-)gnostico.

Altri - senza troppe elucubrazioni su logge segrete "bianche" o "nere" - richiamano semplicemente l'attenzione sul fatto - del resto ovvio per i cristiani - che Dio guida la storia tramite la Provvidenza - sia pure attraverso percorsi misteriosi, che spesso sfuggono alla comprensione umana - e che anche il Diavolo non agisce nel mondo in modo casuale, ma coordina le molteplici manifestazioni della tentazione attraverso una sorta di antiprovvidenza. E la sua opera non interessa solamente i singoli in quanto singoli, ma anche gruppi umani, e - in questo caso - non obbligatoriamente piccoli. Il cristiano ortodosso evita ogni dualismo, e ricorda che Provvidenza e antiprovvidenza non sono sullo stesso piano: poiché il potere di Dio è illimitato e quello del Diavolo è limitato, l'esito finale dello scontro è già scritto, il che non impedirà a tale lotta di assumere, prima di questo esito, un carattere doloroso e cruento.

È importante distinguere accuratamente le teorie del complotto metafisico di carattere teologico oppure esoterico da quelle del macrocomplotto. Quando si parla del "complottismo", si fa riferimento quasi esclusivamente a queste ultime teorie. Per le teorie del macrocomplotto, o complottiste, esisterebbe un vero organigramma delle forze del male, che sono all'opera da sempre - o da tempo immemorabile - nella storia e che hanno prodotto, concatenandoli, tutta una serie di avvenimenti: guerre, rivoluzioni, lutti e rovine. Le teorie del macrocomplotto nascono nella letteratura sull'Anticristo e sul suo prossimo avvento che, pur non assente in ambito medioevale, dilaga dopo la Riforma protestante. L'opera del Diavolo nella storia è riferita a uno scopo preciso, l'avvento dell'Anticristo, per cui operano da sempre forze nascoste. Per alcuni polemisti cattolici l'Anticristo è Martin Lutero (1483-1546), o uno dei sovrani che appoggiano la Riforma; per i polemisti protestanti l'Anticristo è l'imperatore o il Papa (McGinn 1994). Un secolo dopo per i "vecchi credenti" russi l'Anticristo - nell'ambito di teorie del complotto forse perfino più grandiose - sarà identificato nello zar, autore di una riforma ecclesiastica e liturgica non gradita (Pera 1992).

A partire dal Settecento una certa forma di pensiero religioso sarà tentata da teorie complottiste a fronte di eventi apparentemente imprevedibili e difficili da spiegare con cause puramente naturali: l'egemonia culturale dell'Illuminismo, la Rivoluzione francese, e più tardi l'esplosione dello spiritismo, la rapida scristianizzazione di numerosi paesi europei, il socialismo e il comunismo. Sono così costruiti schemi a forma di piramide che vedono fisicamente dietro i dirigenti politici e culturali visibili una classe dirigente invisibile costituita dalle società segrete, fra cui - ma non è la sola - la massoneria. Dietro le società segrete opererebbero società ancora più segrete, apertamente sataniste. Dietro i satanisti opererebbe il Diavolo in persona, la cui azione non si limiterebbe alla modalità della tentazione, ma si manifesterebbe in apparizioni molto esplicite e dirette, in cui il Principe del Male dà istruzioni precise e dettagliate ai propri luogotenenti umani (Introvigne 1994). Solo a un'epoca relativamente tarda, nello schema - da qualche parte fra i massoni e i satanisti - vengono inseriti anche gli ebrei, intendendo questa espressione, almeno fino al secolo XX, in senso non razziale ma religioso, dal momento che i teorici del complotto sono più spesso antigiudaici che antisemiti.

Sulla scia delle analisi complottiste della Rivoluzione francese, grandi teorie del complotto vengono proposte da alcuni demonologi francesi negli anni 1860 e 1870. Il più grande affresco del complotto universale si ritrova però nelle opere di un mistificatore, Léo Taxil (pseudonimo di Gabriel Jogand, 1854-1907), che denuncia una gigantesca cospirazione di massoni manovrati da satanisti e ultimamente dal Diavolo in persona. Taxil confessa la sua frode nel 1897 (Introvigne 1994, 147-215). Tale confessione farà perdere credibilità al complottismo in genere, che tuttavia sarà talora riproposto - spesso utilizzando le opere del mistificatore francese senza citarlo - nel secolo XX. L'idea che gli ebrei abbiano un ruolo centrale nel grande complotto universale emerge soprattutto dai Protocolli dei Savi di Sion, un falso piano ebraico di controllo del mondo, compilato secondo le ipotesi più recenti e attendibili tra il 1902 e il 1903 da ambienti antisemiti russi (da cui passano alla polizia zarista, che li diffonde), sulla base di un testo anti-bonapartista del 1864 dell'avvocato parigino Maurice Joly (1829-1879), cambiando il soggetto del complotto, dalla famiglia Bonaparte (Joly 1864) agli ebrei, e del romanzo Biarritz (1868) del giornalista tedesco Hermann Goedsche (1815-1878), che scriveva sotto lo pseudonimo di "John Retcliffe" (Retcliffe 1868; cfr., per un adeguato sguardo riassuntivo su una vasta letteratura, De Michelis 1998).

Benché il luogo comune culturale si presenti sul punto pressoché senza incertezze, il complottismo non è certamente una caratteristica esclusiva di ambienti "di destra". Un complotto universale di forze reazionarie per ostacolare il progresso, e ultimamente il comunismo, ha fatto spesso la sua comparsa nella letteratura sovietica. In Italia echi di questa letteratura si ritrovano in una pubblicistica che ipotizza un grande complotto - di origini antiche - della massoneria, della mafia, dei servizi segreti statunitensi e della Chiesa cattolica - che avrebbero avuto nel secondo dopoguerra gli stessi referenti, fra cui, per esempio, il senatore Giulio Andreotti - per ostacolare la "marcia del progresso" e in particolare l'accesso del Partito Comunista Italiano al potere. Naturalmente, si tratta di un mondo dove tutto può cambiare di segno. I vari organismi segreti possono essere presentati come "buoni" o "cattivi" - o ancora come buoni che sembrano cattivi, o cattivi che sembrano buoni - in un'infinita gamma di variazioni possibili, e questo spiega le innumerevoli opportunità che si presentano anche a chi voglia ricavarne romanzi o film.

È difficile dimostrare sul piano empirico che le teorie del macrocomplotto non sono vere. Spesso sono suggestive, e molti hanno la tentazione di crederci. Tuttavia, l'onere della prova del macrocomplotto incombe su chi sostiene che esista, e il fatto che sia impossibile provare che non esiste non è un argomento a favore dei complottisti. In ultima analisi la loro tesi di fondo è per definizione inattendibile, e tipicamente ideologica, perché semplifica la complessità della storia. Le teorie complottiste sono anche pericolose. Possono designare e offrire alla persecuzione capri espiatori, considerati responsabili di tutti i mali del mondo, che si tratti de "gli americani", "gli ebrei", "i Gesuiti", "i massoni", "le sette" (laddove le virgolette indicano che si semplificano sotto una sola etichetta realtà molto diverse: non tutti gli americani, gli ebrei, i massoni e i membri di "sette" la pensano nello stesso modo - e neppure tutti i Gesuiti). Inoltre, il discredito che facilmente colpisce queste tesi rischia di travolgere - giacché la distinzione fra diversi tipi di complotto non è facile - anche le teorie del complotto metafisico - che meritano certamente maggiore attenzione - e le puntuali denunce di microcomplotti tutt'altro che immaginari. Parlare troppo di macrocomplotti finisce per distogliere l'attenzione dai microcomplotti, dai piccoli complotti all'opera quotidianamente dietro la cronaca e la storia, il cui studio rimane invece indispensabile a chi voglia intendere, al di là delle apparenze, l'inesauribile complessità delle vicende umane.