Il tenente Giuseppe “Joe” Petrosino (1860-1909) capo della “squadra italiana” della polizia di New York che è alle origini di un nuovo modo di combattere la Mafia negli Stati Uniti è ucciso a Palermo, in Piazza Marina, il 12 marzo 1909. Poche settimane dopo Petrosino entra nel mondo del fascicolo popolare. L’avvenimento è di sua natura epocale, e si deve al genio della principale casa editrice concorrente del colosso internazionale Eichler (che domina il mercato europeo con le traduzioni degli americani Nick Carter e Buffalo Bill), la Verlagshaus für Voksliteratur und Kunst di Berlino della famiglia Butsch. Questa casa editrice è appena riuscita a diventare un serio concorrente della Eichler grazie al personaggio del ladro gentiluomo Lord Lister, creato nel 1908 da Kurt Matull (1872-1930?). In tutte le serie gli italiani, quando entrano in scena, sono per lo più criminali, membri della Mafia (più spesso scritta “Maffia”), della Camorra, della “Mano Nera”… I Butsch si rendono conto che c’è anche un pubblico di emigrati italiani per non parlare degli italiani in Italia, un Paese dove sia la Eichler sia la casa editrice dei Butsch aspirano a espandersi che è stufo di vedere l’italiano rappresentato sempre e soltanto come criminale.
Per la verità in America la casa editrice di Nick Carter, la Street & Smith, aveva subito commissionato al principale autore della serie, Frederic Van Rensselaer Dey (1861-1922), un ciclo di tre episodi in cui Nick indaga sull’assassinio di Petrosino, definito “il delitto più grave del secolo”, “una minaccia che si estende al mondo intero”, un attentato “di portata incalcolabile, che tende a ristabilire l’anarchia e rovesciare l’edificio sociale”. Nick Carter scopre dapprima che il capo della Mano Nera è una donna: ma questa in realtà si è infiltrata nella Mafia che aveva rovinato la sua famiglia in Sicilia per vendicarsi e combatterla. Ci riuscirà, con l’aiuto di Nick Carter. Ma questi episodi del 1909 arriveranno in Europa, tradotti, nel circuito Eichler solo nel 1910, così che in tema di utilizzo del nome Petrosino per il fascicolo popolare i Butsch riusciranno a precedere i loro principali concorrenti.
Dai Butsch qualche giorno dopo la morte di Petrosino è infatti commissionato al già citato Kurt Matull quello che potremmo chiamare un instant-fascicolo di quaranta pagine: Josef Petrosino, chef der italienischen Ableitung der New Yorker Kriminal Polizei, genannt der italienische Sherlock Holmes (Verlagshaus für Voksliteratur und Kunst, Berlino 1909), che rimane isolato ma che è decisivo per l’accostamento fra un personaggio realmente esistito come Petrosino e Sherlock Holmes. Petrosino è definito da Matull “lo Sherlock Holmes italiano”. Grazie ai successi e al sacrificio del detective italo-americano ormai anche l’Italia e gli italiani hanno il loro Sherlock Holmes, tra l’altro con il vantaggio di non essere un investigatore di pura fantasia. Di qui al “falso” Petrosino di cui alla nostra scheda successiva in questa sezione non c’è che un passo. Tuttavia i Butsch non abbandonano l’idea di fascicoli che in qualche modo restituiscano agli immigrati italiani l’orgoglio del Petrosino genuino. Nel 1910-1911 pubblicano cento dispense di un romanzo a fascicoli un genere distinto dal fascicolo popolare perché per capire una puntata occorre conoscere le precedenti e ogni fascicolo non contiene un episodio completo dal titolo Josef Petrosino, der Screcken der Schwarzen Hand (“Giuseppe Petrosino, il Terrore della Mano Nera”). Sull’autore di questa serie si discute. La firma è di un altrimenti ignoto “Wern D. Charlot”, ma è molto probabile che si tratti di uno pseudonimo di un romanziere popolare stimato in Germania anche da grandi nomi del settore come Karl May (1842-1912), suo amico e corrispondente: Ferdinand Laven (1879-1947). Ancora più probabile è che Laven che è perfettamente bilingue e che soggiorna per diversi anni a Parigi sia l’autore della versione abbreviata francese Petrosino. Grand Roman Sensationnel et Vécu publié sur des documents authentiques, pubblicato dal massimo concorrente di Eichler in Francia, Ferenczy, nel 1912 in quarantasei fascicoli e che appare decisamente migliorato eliminando qualche parte eccessivamente prolissa dell’originale tedesco. Si tratta di una storia romanzata che rimane quanto di più vicino alla vita del “vero” Petrosino abbia prodotto il fascicolo popolare, anche se a rigore si tratta di romanzo in fascicoli.
La serie di Laven non risulta tradotta direttamente in italiano. L’importante repertorio di Franco Cristofori e Alberto Menarini sul fascicolo popolare in Italia, Eroi del racconto popolare. Prima del fumetto (Edizioni Edison, Bologna 1986, vol. I, p. 155) riporta tuttavia la pubblicità di un romanzo a fascicoli Le Memorie di Petrosino, il Terrore della Mano-Nera, che risale al 1909 e si riferisce a dispense della Casa Editrice Italiana di Milano. Questo testo non figura in alcuna biblioteca italiana e né gli autori del repertorio né noi siamo riusciti a reperirlo. Secondo Cristofori e Menarini da quella pubblicità risultò “un volumetto in 8° di 140 pagine, con 20 illustrazioni in bianco e nero” (ibidem). Rimane così il dubbio se sia mai stato effettivamente pubblicato e, in caso affermativo, se si trattasse di una traduzione di Laven. Potrebbe anche darsi che si tratti di una prima versione di Giuseppe Petrosino il terrore della Mano Nera di Guglielmo Stocco (Società Editoriale Milanese, Milano 1912), di cui la Biblioteca Nazionale di Firenze conserva una versione in volume e che secondo Cristofori e Menarini sarebbe stato “pubblicato a fascicoli” (ibid., vol. I,. p. 152): ma anche in questo caso dove Stocco (autore prolifico di cui non abbiamo potuto ritrovare le date di nascita e di morte) imita ma non traduce integralmente Laven i fascicoli non sono stati reperiti né da noi né dagli autori del benemerito repertorio, a conferma del fatto che non tutto è sopravvissuto della saga del fascicolo popolare. Almeno nelle biblioteche: perché eBay oggi offre sempre la speranza di improvvise trouvaille saltate fuori da qualche solaio o da qualche collezione privata.
Nel 1909, l’anno della morte del vero Giuseppe Petrosino, i Butsch proprietari della casa editrice di Berlino Verlagshaus für Voksliteratur und Kunst capiscono che c’è bisogno subito di cogliere l’occasione Petrosino. Prendono due piccioni con una fava. Da una parte, entrano in forze sul mercato italiano presentando, in concorrenza con il Nick Carter della Eichler, un vero figlio dell’Italia onesta. Dall’altra risolvono il problema di evitare in Italia una nuova causa con Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930), cui i Butsch avevano più volte cercato di sottrarre il nome di Sherlock Holmes (il personaggio, come è noto, era stato creato nel 1887 dal romanziere britannico).
Nel 1907 la Verlagshaus für Voksliteratur und Kunst aveva lanciato una serie a fascicoli chiamata Detectiv Sherlock Homes und seine weltberühmten Abenteuer, i cui autori sono gli stessi di Lord Lister, Kurt Matull and Theo von Blankensee, subito tradotta in Francia (adattata dal solito Ferdinand Laven) come Les Dossiers Secrets de Sherlock Homes (La Nouvelle Populaire, Parigi). I licenziatari dei Butsch lanciano serie a fascicoli nei cui titoli compare “Sherlock Holmes” tra il 1907 e il 1911 in Croazia, Cecoslovacchia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Ungheria, Olanda, Norvegia, Turchia, Polonia, Portogallo, Russia, Spagna, Svezia e Brasile (una traduzione armena seguirà solo nel 1929: cfr. una bibliografia in tutte queste lingue in Rimmer Sterk Jim Conkright, The Continental Dime Novel, JCRS, Kansas City 2006, pp. 87-95). Una vera e propria offensiva, cui Conan Doyle risponde pazientemente facendo citare in giudizio i Butsch e i loro licenziatari dagli editori delle storie di Sherlock Holmes nei vari Paesi, e vincendo quasi ovunque.
Così, dal numero 11 della serie originale tedesca il nome “Sherlock Holmes” sparisce dalla copertina. Il titolo è cambiato in Aus den Geheimakten des Welt-Detektivs e il detective si chiama semplicemente “Sherlock” prima di diventare “il Maestro”, mentre l’assistente Watson diventa “Harry Taxon”, così che il reprint che a causa del successo inizia a seguire la serie originale (230 fascicoli fino al 1911) nel 1908 ha per titolo Harry Taxon und sein Meister (146 fascicoli fino al 1909). Dal 1912 al 1916 c’è una seconda ristampa, che torna al titolo Aus den Geheimakten des Welt-Detektivs ed è pubblicata in 230 fascicoli dalla casa editrice Gustav Müller su licenza della Verlagshaus für Voksliteratur und Kunst. Quest’ultima sopravviverà alla Prima Guerra Mondiale e tra il 1929 e il 1930 proporrà nuove storie della storia con il titolo Der Welt-Detektivs. Non sono invece sopravvissuti la maggioranza dei fascicoli: due guerre mondiali perdute hanno il loro peso nella distruzione in Germania di questo materiale effimero, che è diventato rarissimo se non, in parte, perduto.
Stessa vicenda in Francia: causa per plagio del titolo “Sherlock Holmes” e variazione, a partire dal numero 4 e fino al finale numero 16, in Les Dossiers Secrets du Roi des Detectives. La serie ha vita breve, ma è importante perché prepara l’ultima e più importante variante delle storie di Sherlock Holmes della Verlagshaus für Voksliteratur und Kunst: quelle dove nei tardi anni 1920 Sherlock Holmes stesso (non Watson) sarà trasformato in Harry Dickson (dopo essere stato “Harry Stilson” nella serie del 1929-1930 Le roi des detectives. Nouveaux exploits du plus grand policier du monde, almeno 27 fascicoli, Les Éditions Modernes). Si rimanda sul punto alla scheda su Harry Dickson di questa collezione.
In Italia, invece, lo Sherlock Holmes di Kurt Matull è lanciato come “Petrosino”, presentato unico riferimento al detective di Conan Doyle come “il Sherlock Holmes d’Italia”. Il lancio orchestrato dai Butsch tramite la licenziataria Casa Editrice di letteratura e d’arte popolari, che diventa poi Casa Editrice Americana, di Milano, e prende peraltro licenze anche dalla Eichler per Nick Carter e Buffalo Bill. La confezione di questa serie è particolarmente interessante. I numeri da 2 a 99 sono storie dello Sherlock (Holmes, ma il cognome come si è visto sparisce con il numero 11) di Aus den Geheimakten des Welt-Detektivs adattate cambiando Holmes e Watson in Petrosino e nel suo immaginario aiutante Franco. Il numero 1 e il numero 100 hanno invece a che fare con il vero Petrosino. Kurt Matull adatta appositamente per l’edizione italiana il suo citato fascicolo unico del 1909 Josef Petrosino, chef der italienischen Ableitung der New Yorker Kriminal Polizei, genannt der italienische Sherlock Holmes, ricostruendo l’inizio e la fine della carriera del vero Giuseppe Petrosino.
L’inizio, peraltro, è fantasioso. Il fascicolo 1 che tornerà in tutte le successive edizioni è intitolato Da spazzino a Capo della Polizia. In realtà la polizia di New York aveva il suo proprio corpo di pulizia, e lì Petrosino aveva cominciato a farsi notare dai suoi superiori ed essere impiegato come informatore, prima che l’idea di una “squadra italiana” per combattere la malavita organizzata prendesse corpo. Nei fascicoli, invece, Petrosino è uno spazzino senza collegamenti con la polizia che salva più o meno per caso da una setta criminale cinese un italiano chiamato Franco. Questi, prima di diventare il suo aiutante, gli rivela una congiura contro il presidente Theodore Roosevelt (1858-1919) che in effetti favorì la costituzione della “squadra italiana” di Petrosino, ma non risulta sia stato salvato dal poliziotto italo-americano. Nella storia di Matull, invece, Roosevelt, grato, nomina Petrosino capo di una “polizia segreta” che deve perseguire la Mano Nera, in cui Petrosino s’infiltra ed è iniziato con un rituale che l’autore tedesco deve avere preso da un libro non sulla Mafia ma sulla Camorra napoletana. Il capo della Mano Nera nei fascicoli è Monk Eastman, un personaggio reale con cui il vero Petrosino ha avuto a che fare ma che non è il capo della Mafia. Questo gangster, che la voce popolare dice di origini calabresi, si chiama in realtà Edward Osterman (1873-1920) e non è un italiano ma un ebreo, figlio di ristoratori di Brooklyn. Monk Eastman entra a sua volta nella popular culture dopo che, durante la Prima Guerra Mondiale, liberato dalla prigione di Sing Sing è mandato a combattere in un reparto speciale dove si guadagna la grazia (il che non gli impedisce di ritornare poi al crimine e di morire abbattuto da un altro criminale nel 1920). Altri avversari di Petrosino nella serie, come Tom Flax ispirato al dottor Quartz, uno degli arci-nemici di Nick Carter sono invece interamente di fantasia.
L’adattamento di Sherlock Holmes come Petrosino è un fenomeno interamente italiano. Altrove le stesse avventure di Petrosino e Franco continuano a essere attribuite a “Sherlock” (o “il Maestro”) e a “Harry Taxon”, nomi che continuavano a voler evocare Holmes e Watson, fino alla rivisitazione creativa degli anni 1920 di Sherlock Holmes come Harry Dickson. Ma anche qui alcune storie, giustamente famose una volta riscritte da un maestro del genere come Jean Ray (pseudonimo di Raymundus Joannes de Kremer, 1887-1964), continuano a portare l’impronta e la trama di Aus den Geheimakten des Welt-Detektivs e del Petrosino italiano.
Così mentre sul piano dei rapporti fra fascicolo popolare e società la serie di avventure di Petrosino che risale a Kurt Matull è una vera e propria pietra miliare nel passaggio dell’italiano che ha a che fare con il crimine da delinquente a poliziotto, nella storia dei fascicoli la versione italiana di Petrosino è un passaggio chiave che lega due personaggi a diverso titolo famosi, Sherlock Holmes e Harry Dickson, e due autori entrambi illustri nello specifico genere letterario, Kurt Matull e Jean Ray.
Presentiamo qui la serie di Nick Carter dedicata alla morte di Petrosino presumibilmente nota a Matull, che si mostra spesso influenzato da Nick Carter nelle sue versioni più antiche, immediatamente successive all’evento storico dell’assassinio di Petrosino a Palermo; quindi la versione francese adattata da Fernand Laven di Les Dossiers Secrets du Roi des Detectives; infine le principali edizioni italiane dove “il re dei detective” diventa Petrosino.