Attilio Quattrini (1883-1938), nativo di Morlupo (Roma) ed editore di opere e riviste letterarie di notevole impegno con direttori come Matilde Serao (1856-1927) e Giuseppe Prezzolini (1882-1982) è tra i primi ad accorgersi di quale enorme mercato rappresenti il fascicolo popolare, dominato fino alla Prima guerra mondiale dalle grandi case editrici tedesche e dai loro licenziatari. Cerca di partecipare anche lui al gioco delle licenze per serie come quelle dedicate a Nat Pinkerton e Nick Carter: dopo la Grande Guerra, con il declino delle case tedesche, gli si aprirà qualche prospettiva, ma la guerra con l’editore fiorentino Nerbini sarà alla fine perduta da Quattrini.
Già molti anni prima, Attilio Quattrini aveva cercato di fare concorrenza ai tedeschi nel campo dei fascicoli, incoraggiando il fratello Antonio Garibaldo Quattrini (1880-1937), autore di romanzi popolari d’avventure, a produrre una serie italiana. Nasce così nel 1909 John Siloch, il più grande poliziotto del mondo, pubblicata dalla Casa Editrice Italiana di Milano di cui i fratelli Quattrini sono comproprietari. La serie in fascicoli popolari la prima in assoluto di autore italiano (benché, naturalmente, fin dal XIX secolo esistessero in Italia romanzi in fascicoli, che sono però cosa diversa dalle serie dove ogni fascicolo contiene un racconto in sé completo) è preceduta da diversi volumetti.
Il lancio avviene nel clima creato dall’assassinio di Giuseppe Petrosino (1860-1909), ucciso dalla Mafia a Palermo il 12 marzo 1909, e il tema centrale è la “Mano Nera”. La serie è a doppio titolo nazionalista. Anzitutto, si rivendica con orgoglio fin dal primo numero che si tratta di una serie scritta da italiani. “Per quella facilità con cui noi italiani siamo propensi a pigliar per oro sonante tutto ciò che porta etichetta straniera, digeriamo anche certe mostruosità letterarie che ingombrano il nostro mercato librario, dando modo agli stranieri di venire in casa nostra a imporci e farci ingoiare i loro aborti sgrammaticati e peggio, conferendo agli stessi stranieri l’illusione che gli siamo tributari delle loro bricciole [sic] della fantasia. Nossignore! Con John Siloch i signori di oltr’alpe e di oltre mare apprenderanno che in Italia, la terra della genialità spontanea, non si è secondi ad alcuno in nessun genere di letteratura e che in questo ramo come in tutte le altre cose (leggi la premessa del primo fascicolo) noi Italiani siamo sempre i precursori”. La “premessa del primo fascicolo”, del tutto fantasiosa, fa rimontare la creazione di John Siloch a “dieci anni fa” (cioè al 1897) mentre in realtà i volumetti preparatori di Antonio Quattrini sono del 1908 e si afferma che “i racconti dell’A. [su John Siloch], tradotti in Inglese dalla Professoressa SAMPIETRO di Como furono pubblicati da una rivista americana e dall’America passarono in Inghilterra dove nacque da lì a un po’ Cherloch [sic] Holmes”. Sherlock Holmes che compare come personaggio anche nella serie John Siloch era stato creato da Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930) nel 1887, e anche la falsa data del 1897 non avrebbe permesso a Quattrini di precederlo. In un clima dove tutti nei fascicoli (specie in Germania) imitano Sherlock Holmes i fratelli Quattrini sono gli unici ad avere la spudoratezza di accusare Sherlock Holmes di imitare loro.
Il nazionalismo non è solo dell’operazione commerciale, ma è pure del testo. John Siloch è lo pseudonimo assunto negli Stati Uniti da un giornalista siciliano del Corriere del Mattino, Claudio Trinchettina, divenuto detective a New York. Probabilmente anche Antonio Quattrini pensava che una serie di fascicoli dal titolo Claudio Trinchettina, il più grande poliziotto del mondo non si sarebbero venduti troppo bene: e dunque, vada per lo pseudonimo. A New York John Siloch combatte la Mano Nera che ha “macchiato con le sue azioni il nome santo d’Italia”. Tuttavia a differenza del suo amico, il commissario di polizia William Clark Siloch non è sicuro che la Mafia sia davvero una società segreta italiana. Quando riesce a infiltrarsi nella Mano Nera, nel quinto fascicolo, il suo contatto sorride quando sente parlare di una “setta d’Italiani”: “Anche voi, dunque, credete alla setta di Siciliani e Calabresi! Cose che si dicono, sparse ad arte da noi per deviare le ricerche alla polizia. Gli Italiani entrano nella setta come ci entrate voi. Sono quasi tutti tedeschi, perché il fondatore, Mister Schwarz, è un tedesco, pochi americani, parecchi cinesi e, infine, messicani e un’infinità di persone d’alto bordo”.
I dubbi del detective sono confermati. “Siloch tirò un fiato lungo un chilometro. Dunque la mostruosa fama fatta dagli italiani era opera dei tedeschi! Ora capiva e gioiva in cuor suo sperando di poter dare presto in mano alla polizia quell’associazione di banditi per sfatare l’assurda leggenda che pesava sul nome italiano come un marchio d’infamia”. “Cuore d’Italiano e di patriota” Siloch riesce così a smascherare la Mafia come complotto tedesco, per la maggior gloria dei fratelli Quattrini, le cui idee politiche sono ostili agli Imperi Centrali e i cui più temuti concorrenti sono, non a caso, tedeschi.
Dopo la Prima guerra mondiale i sentimenti anti-germanici non verranno certo meno, e così nel 1924, dopo che i Quattrini si saranno trasferiti a Firenze, la Società Editrice Toscana di San Casciano Val di Pesa (Firenze) potrà ristampare in cinque volumetti le storie di John Siloch che, se non era diventato famoso come Sherlock Holmes o Nick Carter, aveva comunque venduto un rispettabile numero di copie. E forse fatto davvero sospettare a qualcuno che la Mafia fosse un complotto anti-italiano diretto da tedeschi.