Chicken Little della Disney: storie di sindaci e di tacchini
Veltroni o Rino Tacchino?
di Massimo Introvigne (L’Indipendente, 10 gennaio 2006)
Se cercate un’occupazione che lasci molto tempo libero, ci permettiamo di consigliarvi quella di sindaco di Roma. Non soltanto Veltroni annuncia per il 2006 un romanzo (che sarà pubblicato solo dopo le elezioni, per carità), ma se siete andati al cinema per le feste con i bambini a vedere l’ultimo cartone animato della Disney Chicken Little - Amici per le penne (tra parentesi bellissimo, non credete ai critici spocchiosi) avrete notato che il sindaco di Querce Ghiandose, il borioso e incompetente Rino Tacchino, parla come Veltroni, pronuncia le parole come Veltroni, e in effetti è proprio Veltroni, nel senso che il poliedrico sindaco ha fatto anche il doppiatore per la versione italiana del film, al termine della quale esibisce anche le sue doti canore.
Dal momento che Veltroni è buon amico di Umberto Eco del quale si possono disapprovare molte cose, ma non l’insegnamento secondo cui la cultura popolare va presa assolutamente sul serio proponiamo due letture del nesso fra il sindaco di Roma e quello di Querce Ghiandose. Questo è l’ultimo a credere che la sua cittadina abitata dai soliti animali antropomorfi disneyani sia la testa di ponte per uno sbarco di alieni sulla Terra. Quando gli alieni finalmente arrivano, Rino Tacchino gli offre prima le chiavi della città e poi anche quelle della sua macchina, ricevendone in cambio un colpo di raggio che lo imprigiona nell’astronave extraterrestre. Che si debba leggere qui un ripensamento del sindaco a proposito dei suoi vecchi entusiasmi per la società multietnica e multireligiosa?
Alain Finkielkraut in Noi, i moderni ha sbeffeggiato i commentatori francesi che nel 1998 celebravano la vittoria ai mondiali di calcio di una Francia in cui la maggioranza dei giocatori non era nata nel paese di Napoleone come l’apoteosi della pace e della concordia multietnica. I tumulti e i roghi delle periferie del 2005 hanno definitivamente spazzato via quella bella illusione. Da noi ricordiamo Veltroni spiegarci in quell’occasione l’ovvia superiorità di una squadra multicolore e multireligiosa, con vari musulmani, su una misera squadra di italiani tutti nati in Italia come la nostra. O era Rino Tacchino pronto a consegnare agli immigrati, magari ultra-fondamentalisti islamici, le chiavi della città? Sta di fatto che in interviste recenti Rino Tacchino vogliamo dire Veltroni si è fatto molto più prudente.
Seconda lettura: gli alieni sono Massimo D’Alema, Piero Fassino e Consorte (Giovanni), venuti da uno spazio alieno a rubare l’anima nazional-popolare del partito fatta di querce ghiandose (il nome della città nel film non è forse una chiara allusione alla Quercia?) e a riporla in brutte cassaforti, le banche, di cui le astronavi sono una metafora. I militanti di base (Chicken Little e i suoi amici) insorgono. Il sindaco Rino Tacchino fa finta di non capire, ma in realtà è un finto tonto. Alla fine gli alieni se ne vanno, mentre il sindaco è ancora in sella e canta felice. Gli alieni dalemiani devono cominciare a preoccuparsi?